Laos, la diga minaccia il delfino del Mekong
La decisione del governo del Laos di procedere alla costruzione di una grande diga a scopi idroelettrici nel Sud del Laos, in pieno habitat delleorcelle asiatiche (Orcaella brevirostris), incredibili delfini che vivono lungo le coste, gli estuari e i fiumi del Sud e Sud-Est Asiatico, rischiano di condannare all’estinzione questa specie lungo il corso di tutto il Mekong. Oggi il WWF calcola che nel Mekong siano rimasti meno di 100 individui di questi meravigliosi animali. La realizzazione della diga prevede l’estrazione di milioni di tonnellate di roccia con esplosivi: le onde sonore generate dalle esplosioni potrebbero uccidere i delfini, che possiedono apparati acustici altamente sensibili. Inoltre, l’aumento della navigazione fluviale, i cambiamenti nella qualità dell’acqua e il degrado dell’habitat rappresentano altri importanti rischi diretti per i delfini. A questi vanno inoltre sommati gli effetti indiretti fra cui, il principale, lo stress. “I piani per costruire la diga Don Sahong in un canale immediatamente a monte dell’habitat dei delfini potrebbe provocare la loro scomparsa dal Mekong – ha dichiarato Isabella Pratesi direttore Conservazione del WWF Italia. Gli impatti della diga sulla vita dei delfini probabilmente non potranno essere mitigati, e certamente non attraverso i piani limitati e vaghi delineati nella valutazione di impatto ambientale del progetto. Esortiamo il Primo Ministro Hun Sen a chiedere una moratoria sulla diga durante il vertice della Commissione sul fiume Mekong dei capi di Stato, il prossimo aprile”. Le orcelle asiatiche o delfini di Irrawaddy del fiume Mekong sono sempre più a rischio estinzione, costretti nel tratto di fiume Mekong (190 km.) tra il Laos meridionale e il nord-est della Cambogia. I delfini sono già minacciati dall’impatto accidentale con le reti, dall’inquinamento e dal basso tasso di sopravvivenza dei piccoli. Ulteriori pressioni sulla popolazione potrebbero causarne la definitiva scomparsa. Nel settembre scorso il Laos ha annunciato la sua decisione di procedere con la diga Don Sahong nel Mekong, bypassando il processo di consultazione del Mekong River Commission (MRC ). La costruzione dovrebbe iniziare presto e finire nei primi mesi del 2018. Il WWF sottolinea come esistano alternative alla diga Don Sahong, come il progetto Thako, che potrebbe generare la stessa quantità di energia elettrica ma a costi inferiori e con minori impatti ambientali. I delfini del Mekong hanno anche un grande significato culturale per le comunità locali e portano benefici tangibili per il loro sostentamento. I tour di avvistamento dei delfini d’acqua dolce sono un importante contributo alla crescita economica, portando introiti necessari alle comunità locali. Fonte WWF...
Read MoreLA VITA NEI CAMPI PROFUGHI DELLA TURCHIA: un resoconto di prima mano del conflitto siriano
«Nel mese di marzo cadrà il terzo anniversario della guerra in corso in Siria, un conflitto che ha già prodotto centinaia di migliaia di sfollati di tutte le età. Tutto è iniziato con proteste pacifiche in cui si chiedeva libertà e dignità; il governo ha risposto con la violenza arrestando, torturando e sparando ai dimostranti. Questa violenta reazione delle forze di sicurezza ha fatto esplodere la rabbia popolare e le manifestazioni si sono diffuse in tutto il paese. A ciò il governo ha reagito con un’ulteriore stretta, inviando nelle città mezzi militari e forze armate per porre fine alle proteste. Man mano che la situazione si deteriorava, e sempre più persone vedevano cadere familiari e amici, alcuni attivisti hanno imbracciato le armi e hanno iniziato a combattere il regime. Purtroppo, questa lotta è ancora in corso, con spargimenti di sangue quotidiani. Il numero dei fuggiaschi verso i paesi confinanti (Turchia, Libano e Giordania) e attualmente sistemati in campi profughi allestiti in quei paesi è stimato sul milione di unità, di cui circa la metà sono bambini. Il conflitto ha creato una crisi umanitariana gravissima sia per i rifugiati che per i paesi che li accolgono. Ho quindi deciso di esplorare questi campi per vedere con i miei occhi cosa sta accadendo, per scoprire la realtà e verificare la situazione dei rifuguati parlando con i diretti interessati, ascoltando le loro storie e le loro opinioni sul modo in cui sopravvivono, su come vengono trattati e quali difficoltà si trovano ad affrontare giorno dopo giorno. Racconterò l’esperienza che ho vissuto recandomi nei campi nella Turchia meridionale e in Libano. Tanto per cominciare, quando si arriva per la prima volta nell’area di un campo profughi, sembra proprio di entrare in una prigione. L’area è completamente circondata da un’alta e possente recinzione, come se fosse una zona militare. È infatti una zona controllata dall’esercito, il cui accesso è precluso a chi proviene dall’esterno. Le autorità turche dicono che vogliono tutelare la sicurezza di vive nel campo. Ciononostante, il governo turco ha iniziato a permettere ai residenti di uscire per fare acquisti o per visitare parenti che vivono in altri campi. I rifugiati riferiscono di essere trattati come prigionieri. Per molti, arrivare qui fuggendo la guerra in Siria è come spostarsi da una prigione all’altra. La gente è convinta che il divieto imposto ai media di accedere a questi luoghi è dovuto al desiderio dei governi ospitanti di distogliere l’attenzione da questa problematica; il loro principale obiettivo non è di migliorare la situazione dei singoli all’interno dei campi, ma di fare in modo che tornino alle loro case. Il campo di Yayladagi è uno di quelli che ho visitato. È una vecchia fabbrica di tabacco a due piani, situtata a meno di cinque chilometri dal confine siriano. Il campo è solo uno tra i tanti che sorgono lungo il confine turco-siriano. Quando l’ho visitato, il campo era completamente chiuso e l’accesso era vietato. Ho cercato di convincere la polizia a lasciarmi entrare ma non mi hanno creduto quando ho spiegato la ragione della mia richiesta, e cioè che volevo dare una mano ai rifugiati e documentare le loro condizioni di vita. Non appena ho iniziato a scattare fotografie dell’area, i poliziotti mi hanno urlato che era proibito. Mi sono quindi messo a cercare i rifugiati fuori del campo. Quelli con cui ho parlato erano molto depressi e preocupati dell’esistenza che conducevano all’interno dei campi; si lamentavano soprattutto che le autorità ospitanti non intendevano concedergli lo status di rifugiati, necessario per vedersi riconosciuto il diritto a lavorare e a stabilirsi nel paese. Ma il governo...
Read MoreNAFSI: sono a Roma gli acrobati degli slum di Nairobi
II gruppo Nafsi Afrika, nato nel 2000, è costituito da sette membri, ciascuno proveniente da ambienti molto poveri delle baraccopoli di Nairobi. Il loro obiettivo è quello di sensibilizzare sui problemi della comunità in cui sono nati, attraverso la presentazione di performance artistico-teatrali, e creare progetti artistici volti alla riabilitazione di bambini e ragazzi di strada. Nel corso di una delle ormai numerose tournée, i Nafsi Afrika si esibiranno a Roma, presso il Casale del Podere Rosa, sabato 20 settembre. Siete tutti invitati ad assistere alla loro straordinaria performance!!...
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